Ho
scelto di intitolare Tortuga questa raccolta di pensieri non
conformi. Così si chiama l'isola dove si stabilì, si
rafforzò e a lungo si mantenne forte e indipendente una genia
di uomini avventurosi e liberi. Per tanto tempo nessuna flotta,
nessuna potenza, nessun conformismo ebbe ragione di loro: i “fratelli
della costa” erano gelosi della loro indipendenza; anche quando
ottennero da questo o da quel potente le loro “patenti di corsa”
non si assoggettarono mai alla disciplina altrui rispettando invece i
codici del mare e dell'isola. Un'isola che – al contrario di Utopia
– c'era per davvero.
Ritengo
che si debba prendere esempio dallo spirito e dal comportamento di
quella gente soprattutto oggi che gli uomini liberi devono “passare
al bosco” come suggerisce Ernst Jünger. Chi, sia pure in senso
figurato, passa al bosco ma ritiene di fare scorribande in
città,
di non nascondersi, di non scomparire, in fondo a modo suo è
un corsaro e come tale ha bisogno della confraternita, dell'isola,
del codice del mare. Gli è particolarmente utile conoscere
chiaramente il modo nel quale è opportuno agire quando tocchi
altri porti o tratti con le marine nazionali senza rischiare con
ciò,
una volta abbassata la guardia, di essere abbandonato a terra o
arruolato a forza in una ciurma di mediocri disperati.
La
Tortuga ha la forma della tartaruga; come la Testudo romana, come
l'emblema di Casa Pound che firma le occupazioni - le Osa - che hanno
segnato il ritorno alla linea del fronte. Infine è anche il
nome del bar che si trova di fronte al Giulio Cesare, il mio liceo,
frequentato da tutta la mia famiglia, quello in cui per Venditti
“Nietzsche e Marx si davano la mano”. Non era propriamente così,
anche se allora, prima che i partigiani e certi servizi
s'immischiassero, tra noi avversari c'era rispetto reciproco e
nessuna intenzione di eliminarci a vicenda. Io, ovviamente, nella
canzone ero Nietzsche... Certo, non solo io: condivido il privilegio
insieme ad altri, ma essere cantati come l'incarnazione del massimo
spirito critico-poetico occidentale degli ultimi sette secoli fa
sempre un certo piacere.
Li
ho definiti pensieri non conformi,
non soltanto per ribadire una
linea politica e culturale che da tempo si muove controcorrente ma
perché c'è sempre più conformismo in giro.
Conformismo e banalizzazione sono le parole d'ordine di un potere che
scimmiotta ogni giorno di più l'Ancien Régime pur
apportandovi alcuni temi e valori di origine deviata e corrodente. Il
conformismo non è appannaggio della cultura ufficiale, dilaga
anche nelle aree “antagoniste” le cui parole d'ordine sono sempre
più ottuse, retrograde, moraliste, scialbe; il che si
ripercuote in comportamenti imbarazzanti.
E
la caduta a precipizio non si arresta qui: il neoconformismo ha fatto
il suo ingresso nel panorama storico, culturale e ideale di
ambienti un tempo autonomi, apportando contraffazione e
falsificazione. Così il tesoro ideale e culturale della destra
radicale è stato saccheggiato e al posto dell'oro viene
spacciato l'ottone. Ma quel che è peggio è che a furia
di subire il regolare bombardamento delle culture nemiche – tanto
di quelle che esorcizzano e maledicono il fascismo, quanto di quelle
che lo svalutano, lo ridimensionano, lo snaturano nell'intento di
sovrapporvisi e sfruttare il nostro pathos – anche gli esponenti
della destra radicale hanno finito col credere alle panzane. Ragion
per cui questa raccolta di riflessioni, di dati, di esempi, in quanto
ripresenta “quel” mondo nella sua dimensione reale, risulterà
sorprendente e talvolta addirittura ostica a chi ha fatto propri i
luoghi comuni. Non conformi allora appariranno questi pensieri anche
ai più della destra radicale.
Ho
aggiunto che sono di lotta e vittoria.
L'ho fatto appositamente,
perché, insieme con l'imperante conformismo assistiamo ad una
decadenza spirituale davvero notevole. La lotta non è più
intesa come una prova e la vittoria non è immaginata
altrimenti che come un successo quantificabile in soldoni, intesi
nemmeno più tanto in senso figurato. Ma la vera vittoria
è
su se stessi. Ho voluto quindi rifarmi al lucido messaggio
esistenziale con il quale Julius Evola ci ricollega alla
spiritualità
guerriera della Bhaghavad Gita e, di lì, alla più
profonda Romanitas. Non c'è altra radice, non esiste altro
spartiacque decisivo, non c'è altro punto fermo, con buona
pace di chiunque voglia ridurre una tensione spirituale e olimpica
alla difesa di questa o quella espressione minore. Quello che è
in atto oggi non è uno scontro tra modelli politici, tra
religioni, tra valori, tra modelli; assistiamo invece al progressivo
allargamento di un'infezione, al progredire di un male che
inaridisce, sclerotizza e infine sbriciola. Un'infezione, un male che
accomuna un po' tutti: cristiani e musulmani, ebrei e atei,
progressisti e conservatori, sovversivi e tradizionalisti, estremisti
e moderati. Non sono le sfumature a fare le differenze di fondo; lo
è, soltanto, un'Idea del Mondo. Quell'Idea del Mondo – o
Weltanschauung come si era soliti chiamarla – quell'Idea che
consente sia di non morire che di risorgere, è al di sopra
delle parti ed è in grado di rimescolarle e di rigenerarle
perché è precedente allo smembramento in fazioni e,
soprattutto, le trascende.
Ho
voluto fare di queste mie riflessioni anche una raccolta di spunti
che aiutino – e sottolineo aiutino perché non è
un'opera esaustiva né enciclopedica – a ricomporre il quadro
di quell'Idea del Mondo che,
nel cosiddetto “Secolo breve”, ha
guadagnato a sé tutto il fior fiore del pensiero, dell'arte,
della filosofia, della scienza, della giurisprudenza europea e non
solo europea ma anche asiatica e americana. Chi si sia avviato alla
conoscenza delle Rivoluzioni nazionali sulla base dei luoghi comuni e
dei dogmi riduttivi con i quali avversari dichiarati (antifascisti) e
insidiosi intrusi (integralisti, fondamentalisti e codini) le
minimizzano, è destinato a restare rinchiuso in schemi
angusti, artificiali e stolidi.
Chi
voglia invece ricostruire, pezzo per pezzo, un mosaico che farebbe
invidia agli artisti bizantini deve liberare la mente e ripartire da
zero: con entusiasmo. E ritengo che gli spunti qui contenuti non
possano che essergli di sostegno.
Catalogare
centinaia di voci dalla alla a alla z non è una trovata
originale; ci sono decine di precedenti concepiti così; cito a
memoria René Guénon, Guillaume Faye e Massimo Fini.
L'impianto mi è sembrato particolarmente adatto per
trasmettere una serie di concetti e di dati che esposti altrimenti
sarebbero risultati probabilmente più ostici e meno
discorsivi.
Da
Adamo a Zumalacarregui ho provato a esprimere il mio pensiero su
personaggi storici e in qualche caso mitologici che sono (stati)
parte di un'Idea del Mondo o suoi acerrimi nemici; ho tentato di
rettificare luoghi comuni del tutto infondati eppur radicati
ostinatamente; ho cercato di far conoscere a chi la ignori
l'esistenza di molte figure sottovalutate o dimenticate.
Ho
spaziato: da Radetzky a Garibaldi, da Mameli a Francesco Giuseppe, da
Monsignor Tiso a Durruti, da Mitterrand a Léon Degrelle, da
Hélie de Saint-Marc a Saddam Hussein, da Heydrich a Chandra
Bose, da Socrate a San Bernardo, da Nuvola Rossa a Stonewall Jackson,
da Marinetti a de Benoist.
Ho
parlato di movimenti artistici e di avanguardie politiche e del
pensiero; da Dalì agli impressionisti, dai futuristi ai
situazionisti.
Ho
affrontato una serie di concetti: Reazione, Rivoluzione,
Controrivoluzione, Autonomia, Restaurazione, Satanismo, Razzismo,
Comunismo, Antisemitismo, Lotta di classe, e via dicendo.
Ho
parlato di Società, Nazione, Globalizzazione, Politica,
Partito, Movimento, Avanguardia; ho cercato di ripercorrere la storia
organizzativa di una determinata tipologia umana e guerriera: Manipolo,
Legione, Tercio, per poi produrre ipotesi per il nostro
futuro sia tramite analogie (Coorte, Tortuga) sia in modo più
diretto (Elezioni, Mille-Trenta-Quarantamila-X)
Mi
sono cimentato anche sui protagonisti e sugli agenti principali della
nostra epoca: Cina e Cia, Mossad e Nsa, Cfr e Wto; ho parlato della
corsa allo spazio, delle guerre finanziarie, della Geopolitica, della
Geostrategia, di Putin, di Kissinger, di Brzezinski.
Ho
rimembrato ripetutamente un sentimento
del mondo trattando di alcuni
movimenti del passato: On the Road, Sixties, Sessantotto, Peronismo,
Tercerismo.... A chi sia stato indottrinato successivamente, sulla
base del semplicismo dualistico tipico delle ideologie (e non delle
idee) molte affermazioni in merito appariranno eretiche. Lo sono; lo
sono in quanto così aveva definito Mussolini il fascismo
nell'ottobre del 1919: “la chiesa di tutte le eresie”.
Sono
le eresie che scatenano i fuochi e scuotono il mondo. Del resto
Cristo fu eretico per i farisei che lo mandarono sulla croce,
Zarathustra dovette vincere una guerra per non essere messo
all'indice nel suo Iran, San Francesco sfiorò la scomunica,
Corridoni, Marinetti e Mussolini furono eretici del socialismo
ufficiale o della cultura ufficiale. Nietzsche è eretico; e
francamente mi sento d'affermare che chi non sia l'eretico di
qualcosa è di spirito davvero povero.
Ma
sia chiaro che se il rinverdire quel sentimento del mondo può
essere definito eretico, non è un fatto puramente personale,
né è il frutto del gusto di “épater le
bourgeois”. Chi nato all'incirca tra il 1940 e il 1957, ha vissuto
quegli anni movimentati e all'epoca ha veramente fatto qualche cosa,
non può negare che il sentimento comune provato
dall'avanguardia dei maledetti verso la contestazione giovanile era
quello che ripresento qui, niente affatto intriso di codinismo
retrivo come oggi vorrebbero farci credere.
Chi,
da sopravvissuto, racconti oggi il contrario o ha una memoria da
tellina, o ha la struttura ossea di una spugna, o è in mala
fede o si è convertito ad un'altra visione del mondo.
Sia
chiaro che il problema non è centrale; non lo è
perché
il sentimento viene dall'anima e di tipologie dell'anima ce ne sono
diverse. Ed esse, a fascio, si connettono sull'asse dell'Idea del
Mondo. Sarebbe opportuno comprenderlo, perché in questa
concezione si trova la soluzione alle contraddizioni apparenti che
contrassegnò l'alchimia mussoliniana, in essa consiste la
ricchezza di un mondo ideale che, riconosciuta la Sintesi, l'ha messa
in pratica. Questo non vuole assolutamente dire che alla Tortuga ci
sia posto per tutti; le differenze incolmabili esistono davvero ma
sono antropologiche, riguardano la natura umana ben più delle
convinzioni. Così come in quella Weltanschauung che ripropongo
trovano il loro posto sia Radetzky che Garibaldi, è
plausibile che innamorati dell'azione da una parte e disillusi totali
dell'umanità dall'altra si ritrovino insieme - purché
orientati al cielo - benché abbiano visioni opposte su quanto
è ribelle.
Il
problema preso in sé non merita di essere enfatizzato ma si
presenta invece seriamente quando ragioniamo su di un altro piano.
Non solo perché la rimozione di quel sentimento del mondo
rappresenta una falsificazione e, quindi, un delitto verso gli uomini
che vissero ruggendo gli anni ruggenti, ma perché esso tende a
disattivare una potenzialità esplosiva.
Difatti
nessuno può negare che un sentimento del mondo particolarmente
ribelle, iconoclasta e irriverente abbia fatto da innesco alla
miscela esplosiva che si è espressa nei più bei fuochi
d'artificio che mente umana potesse concepire. Senza Fiume, senza
Futuristi, senza Freikorps non staremmo qui a parlare di niente;
assolutamente di niente. E questo temo che sia l'intento che
perseguono i falsi amici, gli “infiltrati da destra”: disattivare
la nostra potenza esplosiva per trasformare le fiamme in fuochi
fatui. Ci hanno destinati ad un angolo di cimitero.
Ebbene,
riprendiamoci il
teschio, lo stesso che su sfondo nero fu il vessillo
dei corsari, dei carbonari, degli arditi, degli squadristi fiorentini
e usciamo dai sepolcri dei morti-viventi!
Infine
qualche chiarificazione. Ho svariato attraverso i secoli; mi sono
soffermato su alcuni uomini che ci aiutano a meglio comprendere e ad
esprimere un'Idea del Mondo, ma non davvero su tutti. Che alcuni nomi
non siano citati (per esempio Goebbels od Onesimo Redondo) non
significa affatto che li consideri meno di altri; non volevo
però
fare di questo scritto un dizionario enciclopedico sicché
quando ho parlato di qualcuno è perché c'erano delle
ragioni specifiche dettate dallo scopo che mi ero prefisso.
Mi
sono astenuto infine dal trattare il neofascismo; un po' perché
l'ho già fatto altrove, e molto perché in tal caso
avrei dovuto scrivere un altro libro. Anche solo ricordare i Caduti
parlando adeguatamente di loro avrebbe indirizzato il tutto sulla
falsariga di un'agiografia quando lo scopo perseguito è invece
la ricostruzione critica di un rapporto con il mondo. Sicché
della destra radicale non ho praticamente parlato se non con
pochissime eccezioni, dettate tutte non da favoritismi ma da precise
considerazioni costruttive o riflessive; viceversa ho effettuato una
carrellata su uomini di altre culture e di altre appartenenze quando
ciò mi sembrava necessario per la visione d'insieme.
La
visione d'insieme recuperata raccogliendo i frantumi dello specchio
che altri vorrebbero infranto: ecco precisamente lo scopo di
questo
scritto.
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