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da: " Come pinocchi nel paese dei balocchi"
Carlo
Gambescia, che abbiamo intervistato due numeri fa, è una mosca
bianca, o
perlomeno lo sembra. Fino a prova contraria – che ci auguriamo di ricevere
quanto prima – è il solo in Italia ad avere riferimenti
antimaterialisti e correttamente scorretti che si sia
messo
ad analizzare la realtà in maniera sistematica e scientifica
apportando un
contributo preziosissimo. È per
questa ragione che parliamo del suo ultimo libro “Il migliore dei mondi
possibili” edito in maggio da Settimo Sigillo, altrove che nella
rubrica delle
recensioni. Più che di
una recensione c’è bisogno di un’introduzione e di un invito
alla lettura. Una
lettura che risulterà sicuramente ostica a chi non abbia un
minimo di
familiarità con testi universitari di sociologia ma che non lo
sarà affatto per
chi abbia almeno un’infarinatura in merito. La capacità di
spiegare tutto, in
modo chiaro e inequivocabile, pur trattandosi di materia complessa e
articolata, è un prezioso dono dell’autore. (…) Egli spazia
dalle tesi di
Ritzer a quelle di Crouch, da Polin a Marx, da Campbell a Lasch, da
Keynes a
Galbraith, per darci un affresco della società nella quale
viviamo. E, così
facendo, ci offre spunti notevoli per l’azione futura. Fatta
l’analisi delle fasi di sviluppo del capitalismo (I fase
razionalizzazione: 1880-1929;
II fase capitalistico/statale 1932-1980) Gambescia sostiene che ci
troviamo
nella III fase, quella dell’iperconsumismo, avviata più o meno
nel 1981. Tant’è
che la “civiltà dei consumi” contro la quale Marcuse (ma non
solo lui) aveva
puntato l’indice assurgendo agli onori sessantottini, oggi è
collettivamente
vissuta non come una patologia ma come un valore. |
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da: " Dio e la scienza non abitano più qui"
Pietà ! Un’umanità
stanca, sgretolata, sconnessa, tiepida, mediocre, infarcita di
banalità, ha
giocato al reality show dello scontro
fra concezioni del mondo, ed ha fornito una pessima prova di sé.
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da: " Addio al Titanic"
Un mondo politico ghettizzato diventa
una sub/cultura: in
questo genere di ambiente le gerarchie si determinano al contrario: chi
ha
tempo da perdere, chi riesce poco nella vita, chi non ha interessi
erotici
perché imbranato, chi non sente responsabilità, mette
radici. Gli altri hanno
altro da fare. Chi strilla più forte, chi afferma le
banalità più ottuse,
emerge. Il massimo cui si può concedere dignità in questo
quadro è la gerarchia
del cazzotto. (...) |
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da: " Introduzione al confronto" Noi vogliamo offrire opzioni
realistiche e radicali. I quali: - non si sono ancora resi conto che il sistema bipolare è diverso da quello proporzionale - non hanno compreso le modifiche sociologiche e culturali intercorse dagli anni Settanta ad oggi - credono che un partito possa giungere al potere (sic !) e modificare lo scenario nazionale e internazionale (!) - ad un partito bisognerebbe appartenere. - per appartenere a quel partito esso
dovrebbe essere la nostra fotocopia - tramite questo partito/fotocopia si dovrebbe arringare e risvegliare la gente In altre parole: stanno fuori anni
luce dalla realtà che
provano ad interpetrare per mezzo di queste lenti deformanti con
risultati
devastanti per sé e per gli altri. |
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da: " Le mine dimenticate" La Socializzazione rappresenta
indiscutibilmente il compimento
estremo della rivoluzione sociale mussoliniana. Economicamente essa
rappresenta
il punto di rottura con il capitalismo. |
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da: " Meglio un 'puro' di un puritano"
Sono i
dannati vampiri, i grigi
ladri del tempo della favola di Momo, a complottare contro il tabacco? 2 Forse. Ma
c’è dell’altro, c’è la lunga onda
fallimentare del
Sessantotto: una contestazione generazionale che non raggiunse un
livello di coscienza
sufficiente per spingersi alle radici del problema. |
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GENNAIO 2005
da: " Abbocchi sempre all'amo"
Simile in
apparenza ma assai diverso nell’essenza è il ruolo
del cattivo nell’ideologia di potere, un’ideologia che predomina da
quasi diciassette
secoli. (...) Alle radici di quell’ideologia dualista
sta una profonda inconsistenza. Essa nasce nel deserto,
nel tentativo autocratico di dare una coesione a gruppi di nomadi quasi
ingovernabili. A questi gruppi, tale ideologia offre due spunti
fortissimi:
l’alleanza con Dio – che ne fa i figli per antonomasia – e la Legge
concepita
come regolamento per combattere il Male. Il tutto si manterrà
coeso mediante il
rito del capro espiatorio che consentirà ai seguaci della Legge
di non finire preda
della disperazione, come sarebbe naturale – e in fondo giusto – che
fosse. |
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da: " C'era una volta Napoleone" Non ci
rimetteremo qui a
rifar la storia, ma questo bicentenario dell’Incoronazione, ci
dà lo spunto
proprio per rammentare quanto segue: che la via bonapartista non ha
esportato
la Rivoluzione Francese, così come si dice comunemente, in
quanto quella
Rivoluzione era già in tutte le corti d’Europa da almeno mezzo
secolo, ma al
contrario ha imposto un nuovo modello partecipativo che, senza minare
le classi
dominanti, faceva comunque unità di popolo e innovazione di
diritto. Contro
quell’unità di popolo e contro il diritto si muove oggi la
macina al contempo
sovversiva e controrivoluzionaria di stampo oligarchico in tutte, dicasi tutte, le
accezioni e varianti. Non solo: il
neocesarismo, in
tutte le sue forme del XIX e XX secolo, ha frantumato lo schema
dualistico che
è quello su cui si fonda ogni tentativo di neutralizzazione
degli uomini liberi
e delle partecipazioni popolari ed ha offerto una sintesi che è
al contempo
figlia dell’uno e dell’altro campo ma, soprattutto, ne produce un
terzo,
unitario, etico, coinvolgente e superiore. Ed è
questo, oltre ovviamente
alla grandezza, oltre allo stile di vita, oltre alla filo/sofia
nell’accezione
esistenziale e viva dell’Antica Grecia, che non si è perdonato
al fascismo. Ed è
per questo che il
post/neo/para/fascismo subisce un continuo attacco ideologico, fatto di
contraffazioni storiche e filosofiche, da parte della reazione guelfa e
del
trasformismo neolibersita cui fanno da pendant delle fughe “a sinistra”
di
stampo neolaburista, intrise di pensiero debole. |
da: " O Romolo o Remo" Arafat
nelle scelte degli ultimi giorni ci ha anche lasciato qualche messaggio
significativo. Ha scelto di terminare la vita a Parigi,
in quella Francia laica che è sotto il tiro
degli integralisti per la legge del velo. Musulmano ma innanzitutto
palestinese
e guerriero, Arafat ha preferito recarsi nella nazione più amica
della sua
terra piuttosto che in santuari, come l’Iran, che hanno della causa
palestinese
una visione strumentale perchè falsata dall’internazionalismo
teocratico che è
tipico di ogni internazionale religiosa. 2 Anche i
funerali in quell’Egitto, patria di Nasser e Sadat, oggetto degli
strali e
degli attentati di frangie religiose integraliste, hanno un loro
preciso
significato.3 Arafat
in questa maniera invita i suoi a non credere in quella logica dello
“scontro
di civiltà” che ci viene propinata dagli americani e che gli
integralisti
islamici, loro alleati oggettivi (ovvero a prescindere dalle
complicità palesi
e consapevoli che pur esistono in Arabia Saudita, in Kuwait, in Oman,
in
Cecenia, in Georgia, in Bosnia, in Turchia, in Pakistan, in
Afghanistan, in
Uzbekistan) fanno propria a tutto svantaggio del mondo arabo e
dell’Europa,
contribuendo a loro volta non poco alla tragedia della Palestina. |
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Nel virtuale, nel microcosmo interghet, o, al massimo, nelle riflessioni intranet, si esaurisce tutta la partecipazione sociale e politica di quel residuo neofascista che non riesce a rifondarsi per passare all’avanguardia. Ammesso, poi, che lo voglia. (…)tra imitazione e parodia il confine è labile e, quando lo si varca, si commette un abominio dal quale è ben difficile riprendersi perché ci s’invischia nelle sabbie mobili. E, per dirla con Battiato, miei cari, “tirate giù”…. Che una buona parte della Destra Radicale abbia iniziato a tifare per la guerriglia islamica accettando come autentico quello schema duale che oggi si chiama “scontro di civiltà” e che ieri era impostato sullo “scontro est-ovest”, mostra senza ombra di dubbio quanto essa si senta spettatrice e pretenda di essere protagonista per l’esclusiva via del tifo, ovverosia del transfer psicologico. Ma qui non si tratta di puntare su Nedved, Totti o Van Nistelrooy perché lo scenario al quale assistiamo è quello, completamente truccato, del catch. |
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